sabato 24 luglio 2010

Paesaggio in fantasia

Querci antiche
costeggiano incantate
il melodico e magico lago.

Soffice cielo
in chiari colori pastello
rosseggia sul verde terreno,
illuminando farfalle
su fiori di panna.

Il delicato vento soffia leggero,
rialzando petali di rose
verso biciclette d'argento.

In riva al lago,
un uomo bacia la sua ragazza
la stringe a se in tenero abbraccio,
in ultimo soffia su un fiorito fiore
per regalarle un veritiero desiderio.

venerdì 23 luglio 2010

Schiavi in catene

Fulmini che squarciano il cielo
in groviglio di funeree nuvole,
avvolgono di braccia morenti
la fu rigogliosa isola.

Ombre di pianti
scivolano in tomba notte
su indigeni antichi,
villaggi e preghiere.

In tempesta pericolosa
il mare annuì colpe e pene
spingendo in secca
lo stregato galeone.

Schiavi in catene
riempirono il varco,
ammassati in stive
di buio putrido.

Nessuna ribellione in sangue,
carico dopo carino
nave dopo nave
in un'isola ormai
divenuta deserto.

giovedì 22 luglio 2010

Il dubbio

Si ha convinzione
che attimi di luce
rallegrino e rinforzino
il pensiero cercato,
e che l'obbligo di scelta
ricada nel quotidiano.

Ma il dubbio,
in opposto a certezza
richiama traballanti dettagli
in variopinte immagini in sospensione,
l'essere o non essere,
il bianco o il nero,
il giusto o sbagliato.

Finirei per darmi a pazzaria,
se non affidassi all'incerto caso
qualche brandello
del mio quieto vivere.

mercoledì 21 luglio 2010

Acqua libera

In spudorate vesti
una destra e menzognera politica
privatizza i rubinetti della vita.

Nasconde il libero bere,
il bene nato con la terra,
la vitale linfa della vita.

Alziamoci in contrasto,
creiamo ribellione,
informiamo il distratto,
fianco a fianco
blog su blog
voce su voce
per un grido unico
demolente e vittorioso.

Alziamo di valori l'Italia
in difesa e rinascita
dei nostri diritti.

martedì 20 luglio 2010

La fede dopo lo stupro

Non sono incline
come altra gente
a chiederti materiali,
nemmeno inginocchiato
a supplicare una
illusa promessa.

Rinnego té come Dio
perché immobile sagoma,
menefreghista menzognere.

Vieni qui ora,
a distruggere il mio
diventato impuro corpo,
vieni e mostrarti,
finto salvatore.

Vano sarà il pregare,
vano sarà l'attuale,
ora che porto dentro di me il bastardo,
accoppiata come un cane
al cospetto della cenere.

Ti abbandonerò inutile Dio,
darò il mio corpo alla violenza
perche lo possa strappare dal suo corpo
struprandogli il cuore
a colpi di bastone.

lunedì 19 luglio 2010

Schiavi dell'egoismo

In rapaci catene
tenete a voi protetto
stretto e sicuro
il vostro volere.

I vostri beffardi volti
ingannano deboli persone
presentandosi a loro
con altruisti e benevoli sguardi.

L'ignorante vi ascolta
e colma il suo sapere
delle vostre inutili speranze.

Il furbo vi elude
restando al gioco
e copiandovi nelle gesta.

Il dio denaro vi ama, vi acclama,
vi trucca di torbido oro nero
di malvagia, di cattiveria,
di quello che
desiderate da tempo essere.

domenica 18 luglio 2010

Piango sul mare

Mani inutili
tentano invano
di stringere lettere e prose,
che il successo di cotanta avventura
non riesca a farsi colma preziosità.

Verto occhi e mente
parlo parole e strazi
per un perso pensiero
che affondi in acqua stagnante
di inutili commenti.

Piango sul mare,
lasciando navigare
in turbolenze affamate
quel po di poesia
che mi rallegra
lo vecchio cuore.

sabato 17 luglio 2010

Il sorriso di Alessandra

Prigioni di odio
strappano i tuoi candidi e innocenti pensieri
fuori dalle mura dei tuoi ricordi
nutrendo anime perse e malate.

Tu sola,
provasti a negare
l’insistenza di un vecchio prete
nascondendo tra i tuoi bui pensieri
le sue irreligiose voglie.

Tu sola,
fui contro un mondo non di appartenenza
oscuro, ignoto, vagabondo, purtroppo reale.

Ma il tempo cambiò...

Egli,
il nero della chiesa
osò troppo,
e risvegliò un vento insolito,
affamato al suo pari,
che a notte fonda,
tra la nebbia dei pianti
gli afferrò la gola,
conducendolo a giusta fine.

Accadde quella notte,
quando negasti al cielo di Dio
la tua persa fede
e risvegliasti un altro dio,
il vagante, il feroce,
colui confinato al regno dei morti.

lunedì 12 luglio 2010

Il pasto del vagabondo

"Siamo ciò che mangiamo!".
Quel barbone ripeteva questa insignificante frase ogni volta che gli passavo davanti, eppure gli davo sempre qualche spicciolo, con l'intento di comprarmi il suo silenzio, odiavo essere disturbato e fermato per la strada, raramente mi trattenevo a chiacchierare con gli amici, anche perché di amici non ne avevo e non ne volevo, neanche persone sdolcinate, mmmm ragazze dolci che ti chiamano amore, che ti danno carezze, decisamente no, non è mai stato di mio gradimento.
Continuai a scendere per la strada del borgo, poi entrai in una macelleria, decisi di comprare qualcosa da cucinare. Vidi un sogno, lì tra il vetro del bancone, ancora unta di rosso, una splendida testa integra di vacca, il sangue fresco le colava ancora dal collo a brandelli, tranciato (mi piace pensare) da colpi di macete.
Chiesi al macellaio: "Voglio quella!".
Il macellaio: "Le tolgo il cervello e gli occhi?!"
Matteo: "No! per l'amor di Dio non osi compiere un tale scempio, prendo tutto!".
Il macellaio prese una busta grande in plastica trasparente, vi avvolse la testa in carne viva del bovino e gliela consegnò in un sacchetto.
Il macellaio: "Per lei non prende nulla ?!"
Matteo: "No grazie!"
Il macellaio: "Arrivederla allora, oggi il suo cane farà festa, eh sì sì festa ah, beh"

Matteo prese la busta e si diresse a casa, era solito fermarsi al bar vicino la stazione per un aperitivo prima del pranzo, ma oggi fece una eccezione, il commento del barbone da qualche giorno lo irritava.

Matteo era un ricco imprenditore milanese, da qualche anno si occupava di case, gli bastava affittare le sue per vivere in completa agiatezza. Aveva però un difetto, non amava le persone, che con gli anni lo avevano cambiato tantissimo, ma nonostante il suo pessimo rapporto con la gente continuava a gestire lui stesso le sue proprietà.

Tornato a casa sbatté con forza la testa del mammifero contro il muro del corridoio, le ossa del cranio si ruppero e strapparono le buste, lasciando segnato sul muro bianco una grande chiazza di sangue di un rosso vivo, unito a delle maculazioni più scure dello stesso.
Matteo aveva un carattere particolare, gli è sempre piaciuto la vericidità delle cose, la naturalezza con cui fossero presenti in natura. Fece quel gesto perché gli piace molto il senso di crudo, di sporco, di sofferenza immaginaria che un simile gesto potesse creare.

Lasciò a terra la testa e accese il fuoco, mise dell'acqua in un pentolone grande e lascio a bollire, dopo un pò vi mise dentro la grande testa del bovino.

Non si curò mai di pulire casa, era uomo, sosteneva sempre che non spettasse a lui, ma al suo cane invisibile: "Rodeo", un bassotto di tre mesi completamente rasato e con le ali d'argento. La casa di Matteo era enorme, 5 stanze da letto, una sala da pranzo tinta di nero, un bagno senza tazza ma con una grande ciotola ed una cucina appena pitturata di marrone con un caminetto a parete e grandi fornelli in pietra.
Amava vantarsi con Rodeo della sua grande casa, dei quadri che dipingeva, della folta libreria che aveva e del bagno, così grande e igienico.
D'improvviso sentì il cane abbaiare, corse in cucina e vide l'acqua del pentolone bollire, prese da terra la busta con la testa del bovino ancora unta di sangue e ora sporca di polvere e la gettò nel calderone bollente, facendo schizzare l'acqua diventata ormai rossa sui suoi vestiti bianchi. Impazziva per queste cose, il macchiarsi i vestiti di sangue fresco lo considerava un evento meraviglioso.

Attese che la testa di vacca si cuocesse per bene, guardandosi un trapianto di cuore in diretta tv su un canale giapponese.
D'improvviso esclamò: "Che sbadato!"
Prese un coltello e provò a tagliare la pelle molle dell'animale.
Esclamò: "Bene, è pronta! Wow, ecco così, sì sì ecco qua..."
Mise la testa ancora gocciolante di acqua su un tagliere, nel frattempo il sangue si era raggrumato e sbiancato a tal punto da confondersi con la carne bianca e ammollata della vacca, gli occhi si erano ingialliti, e opacizzati, il tutto avrebbe fatto vomitare una capra.
Andò nello sgabuzzino e prese una accetta che usava spesso per spaccare i tronchetti per il camino e iniziò a preparare il pranzo.
In verità il cranio era già sfracassato per il forte colpo dato contro il muro della sua casa, con la accetta diede solo qualche colpo che gli permetté di poter accedere alla parte più buona del pasto.
Dopo due colpi ben assestati fece leva con un pezzo di metallo arrugginito usando come appoggio il naso della vacca, infilò la mano ed estrasse il cervello della bestia e gli occhi ancora caldi. Aggiunse un pomodorino pachino per assaporare il tutto ed una lieve, quasi impercettibile sfoglia di cipolla.
Iniziò prendendo un occhio, un pò molliccio, lo mise in bocca e se lo passò tra i denti per sentirne il sapore, poi lo pose tra i molari e premè forte. L'occhio si schiacciò e si ruppe, facendo fuoriuscire un liquido viscido e gelatinoso, dandogli un sapore tutto nuovo.
Esclamò: "Fantastico!"
L'occhio gli diede un sapore di fogna, impastandogli tutta la bocca e depositando il giallo dell'interno sui suoi denti, scartò il pomodorino e prese il cervello.
Il cervello del bovino era ancora molliccio, caldo e tra le fessure vi era il sangue nero coagulato, in bocca aveva un sapore di aspro, untuoso, impastato.
Mangiò tutto con gusto, sorseggiando di tanto in tanto il giallo della sua urina, che conferiva al pasto un sapore originale.

sabato 10 luglio 2010

INCUDINI

Incudini di metallo pesante
ondeggiano al vento
su gambi di rose piangenti,
mentre il perso e incerto pensiero
vaga tra le tombe del sempre
costante silenzio.

Cultore della droga

Sia cerchiate pianti o risate,
parole o sillabe
spine o petali,
il mio braccio porta segni e veleni,
incertezze e certezze,
momenti instabili di una mia vita
eternamente passata.

Cultore della droga,
assaggiatore del male,
rigoroso silenzio di veste bianca,
emozioni in pura illusione.

Non cerco discolpa,
vivo perche devo vivere,
perche il tempo non mi cambi,
perche riesca ad avere dentro di me
il bianco latte
della eterna e illusiva
emozione di vita.

scritto da: Germano Marcia

giovedì 8 luglio 2010

Il tempo cambia la vita


Ricorreva l’anno 1994, mi trovai al parco Candlester in California, preciso che in quel periodo i trichechi del parco erano già in calore provocando orribili suoni gutturali e odori nauseabondi emessi dal retto nasale.
Per darvi una idea del parco, basti pensare che nella grotta posta vicino ai trichechi, vi erano gelosamente custodite in sicurezza due balenotteri non registrati.
Quell’anno, ricordo bene, causa un guasto al sistema fognario del parco, finii presto di lavorare. Da
diversi mesi ci venne vietato (direi anche giustamente) di buttare a mare gli scarichi tossici degli animali, in particolar modo i solventi che usavamo per rendere lucido il manto dei coccodrilli.
Quella sera uscii dallo spogliatoio (ancora colmo di zanzare data l’acqua stagnante nel pozzo accanto) verso le 18:00, presi l’auto, una berlina rossa cabrio e mi lanciai a forte velocità verso la grande cancellata dell’ingresso, pensando tra me “se non apre in tempo stasera lo sfondo”.
Di solito Giusilda, un trans del posto, grande lavoratore, ma raccomandato dal direttore del parco, riusciva ad aprire quel maledetto cancello quel minimo perche io potessi uscire, ma quella sera lo spalancò, come se volesse ringraziarmi del gelato bigusto offertogli dal mio amico Marx.
Mi proiettai sulla strada bagnata della California, spingendo al massimo sull’acceleratore e tralasciando nella mente qualsiasi desiderio che mi facesse rallentare, non frenai neanche a cospetto di una simpatica vecchietta rumena che con le sue ossicine fragili si apprestava ad attraversare la strada di “Oliver Blate” sulla 34 esima. Le sfrecciai davanti con dispetto, ma non la colpii, la salvò in tempo un testimone di geova che con scatto felino la sottrasse alla strada.
Pensai tra me “Eccomi finalmente, altri 5 minuti e sono a casa, proprio dopo questa curva, sono stanchissimo, ho voglia di pomodori e ketchup in cipolla tonnata maleodorante ah ah”.
Accelerai ancora e in prossimità della curva girai con scatto lo sterzo dell’auto, senza pensarci mi trovai il sole in faccia e per qualche secondo non vidi nulla, sentii però un forte colpo e qualcosa sobbalzarmi davanti agli occhi. Frenai di scatto, intorbidito e gelido, come avessi visto un fantasma, con il respiro affannato; mi voltai.
Non avrei mai voluto vedere quella scena, dentro di mè non avrei mai voluto sentirmi così lontano dalla gente. A terra, sull’asfalto bagnato da quella pioggia incessante di quel freddo inverno, c’èra una marmotta sud africana in vacanza, nello specifico un marmonet naku naku.
Il pianto della gente si alzava tra il frastuono del traffico, riempiendo di umanità quel tratto di strada che dista qualche metro da casa mia.
Nei giorni seguenti non portai più l’auto, preferii camminare a piedi scalzi, indossando una tonaca e gustando un cappuccino, preferii essere un uomo qualunque, tra la gente che abbaia e tra le auto che corrono per le città della California.

Scritto da Germano Marcìa

martedì 6 luglio 2010

Vortici d'argento

Vortici d'argento

Mele quadrate cadono
in acqua salmastra e vagante,
da un albero in fiore di secco cuoio.

Vortici d'argento
e spruzzi elicoidali
si spingono in un'area pesante e tersa.

Un cielo impazzito è
raffreddato continuamente
da una soffice pioggia e
da delicati mattoni di crudo aspetto
tinti di lilla e svuotati del loro peso.

Il signore a voi familiare guarda,
stringe nella mano un bruco rosso porpora,
lo stringe così forte da trasformarlo in farfalla
colorata e radiale di un paradiso irrealizzabile ma sperabile.

lunedì 5 luglio 2010

Una rapina

Tre venti spengono illusioni
attraverso il respiro di
pallottole e posizioni.

Nubi e pianti
giudei e santi
poteri e declini
soffocano pensieri affini.

Il sole risale ma stanco
di un rosso fuoco misto a bianco
illuminando severe speranze
che nel nuovo giorno
si fanno cadenze.

Vapori di stoffa (Industria tessile cinese)

Vapori di stoffa
(Industria tessile cinese)

Macchine a grandi ingranaggi,
in instancabili movimenti,
tessono febbre e costumi d'Italia.

Cingoli e terra grezza
raschiano piedi e scarpe
di tessitrici cinesi.

Viti in ribasso e
pochi spiccioli
uccidono tradizioni e culture
di un'Italia storica.